Con l’espressione “lavoratore frontaliero” si intende tutti quei lavoratori dipendenti che fiscalmente risiedono in Italia e che ogni giorno si recano all’estero (Paesi limitrofi o zone frontaliere) per svolgere il proprio lavoro. Questo è ciò che succede per i cittadini italiani che lavorano oltre frontiera, per esempio in Svizzera, Francia o in altri Stati confinanti con l’Italia.
In tale categoria però non rientrano coloro che svolgono una prestazione lavorativa all’estero in forma continuativa, soggiornando fuori dal Paese per un periodo superiore alla cadenza giornaliera o settimanale. Dunque, i dipendenti che non ritornano ogni giorno in Italia non possono essere considerati frontalieri.
Proviamo allora a spiegare nel dettaglio chi sono i lavoratori frontalieri, quali requisiti devono avere e a quale regime fiscale sono sottoposti.
Chi è il lavoratore frontaliero?
La figura del lavoratore di frontiera o frontaliero va ad inquadrare il lavoratore dipendente sul territorio nazionale italiano che si reca quotidianamente oltre il confine nazionale per eseguire la propria mansione lavorativa. Tale attività deve dunque essere svolta in forma continuativa da soggetti residenti nel territorio dello Stato.
L’art.1 del Reg. 883/2004 ci fornisce una precisa definizione di lavoratore frontaliero: “qualsiasi persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro e che risiede in un altro Stato membro, nel quale ritorna in linea di massima ogni giorno o almeno una volta la settimana”.
Come anticipato, il lavoratore di frontiera non deve essere confuso con il lavoratore all’estero in quanto c’è una differenza sostanziale. Infatti, il lavoratore all’estero è un dipendente che esegue il suo lavoro al di fuori dei confini italiani in maniera continuativa ed esclusiva. È un soggetto che durante i 12 mesi dell’anno trascorre in un Paese estero un periodo di tempo superiore ai 183 giorni (art. 51 del TUIR).
L’ordinamento italiano ha recepito la definizione di lavoratore di frontiera comunitario in materia di sicurezza sociale, ma è stata recepita una ulteriore definizione di frontaliero nella prassi dell’Amministrazione finanziaria per motivi tributari.
Nello specifico, l’obiettivo del Ministero delle finanze è quello di individuare in modo puntuale l’ambito d’applicazione delle norme tributarie per tali soggetti. La prassi ministeriale ha così stabilito che il lavoratore frontaliero:
- Fornisce la propria attività lavorativa da dipendente in forma esclusiva e continuativa;
- Esercita la professione in zone di frontiera o Paesi limitrofi per un datore di lavoro estero;
- Deve mantenere la residenza nel territorio dello Stato italiano;
- Deve esserci la quotidianità dei trasferimenti da e verso il luogo di lavoro.
Riassumendo e semplificando, si tratta di quei dipendenti che si recano ogni giorno a lavorare in Paesi confinanti come Svizzera, Francia, Austria, Slovenia e San Marino e Paesi limitrofi quali il Principato di Monaco.
Il regime di tassazione fiscale previsto per i lavoratori frontalieri
Diversamente dal lavoratore all’estero, il lavoratore frontaliero è soggetto ad una specifica imposizione fiscale dedicata a questa categoria. Ciò avviene in ragione della continuativa mobilità tra residenza italiana e sede di svolgimento della mansione lavorativa.
Secondo l’art. 1 comma 175 della Legge n. 147/13, il reddito prodotto da lavoro dipendente in zone di frontiera concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF del lavoratore, insieme ad altri redditi, con l’applicazione di una franchigia di esenzione, una decurtazione dell’importo equivalente a 10.000 euro.
L’ammontare di tale franchigia è stato innalzato dai precedenti 7.500 euro ai 10.000 euro a partire dal 2024, secondo quanto sancito dall’art. 4 della Legge n. 83/23. A tal proposito è importante precisa che questa franchigia non deve essere correlata alla durata del rapporto nel corso dell’anno, ma deve essere impiegata in maniera fissa.
Nei confronti dei lavoratori frontalieri devono quindi essere applicate le seguenti azioni per l’applicazione del regime fiscale:
- Identificare tutte le somme versate al soggetto per quanto riguarda il reddito di lavoro eseguito come frontaliero;
- Eseguire la riduzione dall’importo annuo della franchigia di esenzione in materia IRPEF di 10.000 euro;
- Applicare la tassazione IRPEF su questa differenza (DPR n. 917/86)
In aggiunta, la circolare n. 25/E del 18 agosto 2023 ha introdotto verso i lavoratori di frontiera i seguenti aspetti:
- Deducibilità dal reddito totale dei contributi previdenziali per il prepensionamento di categoria previsti a carico dei frontalieri verso gli enti di previdenza dello Stato nel quale svolgono il loro lavoro;
- Non imponibilità degli assegni di sostegno alla famiglia emessi in favore dei lavoratori frontalieri dagli enti di previdenza sociale degli Stati nei quali prestano lavoro (art.6).
Dal punto di vista pratico, il reddito da lavoro dipendente in qualità di lavoratore di frontiera deve essere inserito nel quadro RC del modello Redditi PF. In particolare, nel campo “Quota esente frontalieri” deve essere inserita la franchigia di esenzione che sarà sottratta al reddito lordo annuo.
In ogni caso, per risolvere le difficoltà legate alla doppia imposizione del reddito dei frontalieri, l’art, 165 del TUIR ha previsto l’attribuzione di un credito di imposte estere per la tassazione subita a titolo definitivo nello Stato della fonte di lavoro. Significa che il frontaliero che ha percepito un reddito dipendente di provenienza estera deve presentare una dichiarazione dei redditi in tale Paese per identificare le imposte corrisposte a titolo definitivo. Sulla base di tali imposte estere, dovrà poi presentare la dichiarazione dei redditi in Italia.
Convenzioni contro le doppie imposizioni
È bene ricordare che tale disciplina di imposizione fiscale deve comunque essere coordinata secondo le precise indicazioni presenti nelle varie Convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia con i diversi governi limitrofi. In quanto speciali, le norme inserite nelle varie convenzioni prevalgono sempre su quelle nazionali. Dunque, in caso di controversie, si dovrà applicare la normativa contenuta nel trattato internazionale di competenza.
Ecco che succede per ognuno degli Stati limitrofi:
- Francia: tassazione in forma esclusiva del frontaliero nello Stato di residenza (la rinuncia da parte del Paese estero è vincolata al reale prelievo da parte dello Stato di residenza);
- Austria: i redditi da lavoro di frontiera sono sottoposti ad imposta in via esclusiva soltanto da parte del Paese nel quale il lavoratore risiede;
- Svizzera e San Marino: i redditi da lavoro di frontiera sono sottoposti ad imposizione concorrente nello Stato di residenza fiscale e nello Stato di svolgimento dell’attività lavorativa.
L’aggiornamento più importante riguarda soprattutto la Svizzera. Infatti, il Consiglio dei Ministri del dicembre 2021 ha ratificato un disegno di legge sull’esecuzione dell’Accordo tra Repubblica Italiana e la Confederazione svizzera per quanto riguarda l’imposizione fiscale verso i frontalieri. Il nuovo trattato è stato quindi approvato con la Legge n.83/2023 e sarà ufficialmente in vigore dal 2024.
L’accordo ha deciso che l’imposta sui redditi debba essere applicata nel Paese nel quale è svolta l’attività lavorativa. La percentuale di prelievo corrisponderà all’80%. Ovviamente i dipendenti frontalieri restano soggetti a tassazione anche nello Stato di residenza che andrà a rimuovere la doppia imposizione giuridica.
Il nuovo documento però va a definire in maniera più stringete e specifica la qualifica di lavoratore frontaliero poiché l’art. 2 parla di un qualsiasi lavoratore che risiede in uno Stato contraente ed è domiciliato in un Comune il cui territorio è situato nel raggio di 20 km dal confine con l’altro Stato contraente.
Le zone di frontiera tra Italia e Svizzera sono:
- Cantoni di Grigioni, Vallese e Ticino;
- Regione Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e provincia autonoma di Bolzano.