Tra i vari contributi in favore dei lavoratori c’è il cosiddetto ticket licenziamento, il quale viene erogato dal datore di lavoro all’INPS per i casi di interruzione dei rapporti di lavoro con dipendente a tempo indeterminato che danno poi diritto all’indennità di disoccupazione NASpI.
Ma in quali eventualità di cessazione del contratto di lavoro c’è l’obbligo di versamento del ticket di licenziamento e come avviene poi il calcolo dell’importo? Andiamo a scoprire tutto quel che c’è da sapere sull’argomento e le novità previste per il 2023.
In cosa consiste il ticket licenziamento?
Come già accennato, il ticket licenziamento è una particolare forma di contributo economico che il datore di lavoro è tenuto a versare all’INPS in caso di conclusione del rapporto lavorativo con dipendenti a tempo indeterminato che avranno così diritto alla NASpI.
L’ammontare è aggiornato a cadenza annuale secondo i dati relativi all’inflazione e non può essere erogato peri contratti a tempo determinato, per i quali il datore di lavoro ha l’obbligo di versare il contributo NASpI.
Il ticket licenziamento ha quindi lo scopo di finanziare l’indennità di disoccupazione e scoraggiare i licenziamenti. Inoltre, il datore di lavoro deve provvedere al pagamento tramite modello F24 contestualmente agli altri contributi previdenziali entro il 16 del mese seguente, indipendentemente se il lavoratore licenziato richieda o meno la NASpI.
Tale contributo è stato introdotto in Italia con l’art. 2, commi 31-35, della legge n. 92 del 2012. Oltre che nei casi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, oggettivo o per giusta causa, deve essere pagato per:
- Dimissioni per giusta causa;
- Dimissioni avvenute nel periodo di maternità;
- Risoluzione del contratto dopo conciliazione obbligatoria presso la Direzione Territoriale del Lavoro quando il datore vuole licenziare per giustificato motivo oggettivo;
- Dimissioni presentate dal lavoratore nei 3 mesi successivi al trasferimento d’azienda per sostanziale modifica delle condizioni lavorative;
- Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dopo il rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra unità di produzione distante più di 50 km dalla residenza oppure raggiungibile in più di 80 minuti con il trasporto pubblico;
- Interruzioni del rapporto lavorativo sopraggiunte nell’ambito di contratto di espansione;
- Mancata conversione dell’apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
In aggiunta, il ticket di licenziamento è dovuto anche per abbandono del posto di lavoro da parte del lavoratore e per i licenziamenti per cessazione dell’attività.
Al contrario, non vi è obbligo di erogazione nei seguenti casi:
- Licenziamento del personale domestico;
- Dimissioni volontarie;
- Risoluzione consensuale davanti alla Commissione di Conciliazione ITL;
- Cessazione dei rapporti di lavoro riguardanti processi di incentivazione all’esodo che diano luogo alle prestazioni regolamentate dall’art. 26, comma 9, lett. b), del D.lgs n. 148/2015;
- Risoluzione consensuale in sede sindacale;
- Licenziamenti eseguiti dopo cambi di appalto a cui siano seguite assunzioni presso altre aziende, in attuazione delle clausole sociali che assicurano la continuità occupazionale prescritta dal CCNL.
Come viene calcolato l’importo del ticket licenziamento
Il ticket di licenziamento è totalmente a carico del datore di lavoro e deve essere necessariamente versato all’INPS in un’unica soluzione. Il contributo viene calcolato secondo il massimale di retribuzione della prima fascia di importo della NASpI che per l’anno 2023 corrisponde a 1.470,99 euro.
C’è stato un aumento in rapporto al tasso d’inflazione del 7,3%. Per la composizione dell’importo del ticket licenziamento bisogna sottolineare che tale somma non è collegata alla retribuzione del lavoratore ma è versato in misura identica a prescindere dal tipo di lavoro svolto, che sia part-time oppure full-time.
Infatti, la legge n.92/2012 sancisce che il contributo è pari al 41% del massimale mensile della NASpI per ogni 12 mesi di anzianità lavorativa negli ultimi 3 anni. Se l’attività lavorativa è stata al di sotto dell’annualità, il ticket deve essere ricalcolato secondo gli effettivi mesi di lavoro.
Secondo la circolare n.14 del 3 febbraio 2023, l’importo per 12 mesi di anzianità aziendale è 630,10 euro (41% di 1.470,99). Per i lavoratori che hanno anzianità pari o superiore ai 36 mesi il contributo è di 1.809,30 euro (603,10×3).
Se il rapporto lavorativo è durato meno di un anno la cifra è ricalibrata in mesi e sarà calcolata con questa formula: 603,10/12= 50,26 euro mensili.
Deve poi essere considerata come intera mensilità quella nella quale la prestazione si è protratta per almeno 15 giorni. Però i mesi diversi dal primo e dall’ultimo devono essere considerati come mensilità intere, indipendentemente dal numero effettivo di giorni di lavoro.
Invece per quel che riguarda il conteggio dell’anzianità lavorativa, non bisogna includere i periodi di congedo per maternità e i periodi di aspettativa non retributiva.
Rientrano nel calcolo i periodi in cui il lavoratore è stato assunto dallo stesso datore con contratto a termine, se il datore ha goduto della restituzione del contributo aziendale. Se poi il lavoratore è stato assunto dal datore a seguito di operazioni societarie, per l’anzianità aziendale si considera valido anche il rapporto con l’azienda cedente.
Per quanto concerne i casi di licenziamento collettivo senza accordo sindacale, il ticket licenziamento è moltiplicato per 3 volte. Va detto poi che per le interruzioni di rapporti di lavoro avvenute dal 1° gennaio 2018 all’interno di un licenziamento collettivo operato da un datore tenuto alla contribuzione per la CIGS, l’aliquota per calcolare l’importo sale all’82% del massimale mensile.
Se ci si troverà di fronte ad entrambe le situazioni contemporaneamente, il ticket licenziamento sarà moltiplicato per 3 volte.
Per i licenziamenti collettivi il valore del contributo sarà di 1.206,21 euro per i lavoratori con anzianità superiore ai 12 mesi e 3.618,63 euro per anzianità pari o superiore ai 36 mesi.