Con la sentenza n. 26851 del 19 settembre 2023 la Corte di Cassazione ha specificato le differenze tra il danno da premorienza (o perdita anticipata della vita) e il danno da perdita di chance di sopravvivenza, indicando le condizioni per un eccezionale risarcimento di tutti e due i danni.
Il caso portato in Cassazione
Gli eredi di una persona deceduta per una patologia oncologica hanno eseguito un giudizio di accertamento tecnico preventivo verso l’ASL per il danno subito in seguito ad una ritardata diagnosi e la conseguente omissione della terapia da parte della struttura sanitaria.
Nello specifico, si sosteneva che, dopo l’asportazione del tumore, il paziente avesse avuto una recidiva alcuni anni dopo. Dunque, l’ASL aveva compiuto un errore diagnostico nell’esame del linfonodo sentinella preso dal paziente nel corso dell’operazione. Solo tre anni dopo, attraverso una verifica su tale pezzo di tessuto, era stata accertata la reale situazione.
Per colpa di questo errore non era stata prescritta la terapia ormonale dal principio, che era invece stata avviata solo anni dopo, quando la malattia era al quarto stadio, provocando una riduzione delle possibilità di sopravvivenza a 10 anni.
Il consulente tecnico d’ufficio aveva appurato che la terapia ormonale avrebbe potuto ritardare la comparsa della recidiva e quindi che la mancata terapia aveva anticipato appunto tale recidiva. Inoltre, il perito aveva stabilito che la ritardata diagnosi non aveva permesso una terapia con un farmaco specifico che avrebbe migliorato il tasso di sopravvivenza del paziente.
Secondo il perito l’azione combinata di queste terapie oncologiche avrebbe prevenuto la recidiva e l’avanzamento della malattia. In virtù di ciò, aveva definito i postumi permanenti causati dall’aggravamento della salute nel valore del 50%.
Dopo gli esiti della perizia del CTU la famiglia del deceduto ha portato in giudizio l’ASL, chiedendone la condanna a risarcire il danno differenziale e il danno da perdita di chance di sopravvivenza.
Da parte sua l’ASL contestava l’accusa sostenendo che non ci fosse stato danno da perdita di chance, ma piuttosto della probabilità di allungare il periodo di tempo senza malattia. In primo grado il tribunale aveva accolto la richiesta, sostenendo l’accertamento dell’errore diagnostico poiché la mancata terapia aveva influito negativamente sullo sviluppo della malattia oncologica ed aveva così liquidato il danno differenziale del 50% e il danno da perdita di chance poiché la non somministrazione della terapia aveva provocato una minore durata della vita del paziente.
Anche la Corte d’Appello aveva confermato la decisione in primo grado e l’ASL aveva deciso di ricorrere in Cassazione, evidenziando come i giudici d’appello avessero duplicato le voci risarcitorie in favore dei familiari della vittima, accordando sia il danno da perdita di chance, sia il danno da premorienza.
La sentenza della Cassazione
Anche confermando il principio per il quale il risarcimento cumulativo da perdita anticipata di vita e da perdita di chance di sopravvivenza sia un’inammissibile duplicazione risarcitoria, i giudici della Corte di Cassazione hanno deciso che le due tipologie di danno “possono eccezionalmente costituire oggetto di separata ed autonoma valutazione qualora l’accertamento si sia concluso nel senso dell’esistenza di un danno tanto da perdita anticipata della vita, quanto dalla possibilità di vivere ancora più a lungo, qualora questa possibilità non sia quantificabile temporalmente, ma risulti seria, concreta e apprezzabile”.
La corte ha quindi chiarito che vivere un peggioramento della malattia nell’ultimo periodo della propria vita per colpa di diagnosi o cure tardive dovute a errore medico, costituisce un danno biologico differenziale.
Al contempo, passare l’ultima fase della propria vita con la consapevolezza delle conseguenze sulla durata della vita per causa di diagnosi o cure tardive da errore medico comporta un danno morale (sofferenza morale e privazione della capacità di lottare contro la malattia).
A queste considerazioni si aggiunge il fatto che la perdita della possibilità di vivere più a lungo per diagnosi errata o cure tardive è un danno da perdita di chance e infine la perdita anticipata della vita per colpa di un errore medico in riferimento alla parte di vita non vissuta è un danno risarcibile per i congiunti, indipendentemente da quale sia la durata della fase di vita a cui la vittima ha dovuto rinunciare.
Nei casi di perdita anticipata della vita, che comunque sarebbe andata perduta per la malattia, il paziente avrà diritto al risarcimento soltanto del danno biologico differenziale secondo il criterio “più probabile che non”. Invece non si avrà diritto a nessun risarcimento per il tempo di vita che non si è vissuto.
Se poi vi è incertezza sul fatto che la condotta erronea del medico abbia causato la morte del paziente, ma ci sia comunque la certezza causale che la sua condotta abbia comportato la perdita di una probabilità seria di vivere più a lungo, il paziente avrà diritto al risarcimento del danno da perdita di chance di sopravvivenza.
Concludendo, queste due tipologie di danno solitamente non sono sovrapponibili e risarcibili congiuntamente, ma in alcuni casi potranno essere sottoposte a valutazione, se il giudice attesti la sussistenza del danno da perdita anticipata di vita e del danno da perdita di chance di sopravvivenza.