Danno iatrogeno differenziale: cosa significa e come viene calcolato

Nel campo della colpa medica e della malasanità con l’espressione danno iatrogeno differenziale si intende un pregiudizio alla salute provocato dalle azioni di un operatore sanitario che ha l’effetto di produrre l’aggravamento di una lesione preesistente. Infatti, il termine iatrogeno significa appunto “conseguente da una terapia medica”.

In quanto conseguenza di una complicanza medica, questo danno differenziale rappresenta i soli pregiudizi che ne derivano direttamente, escludendo quelli postumi che si sarebbero comunque verificati, anche senza l’illecito commesso dal medico.

Negli anni più recenti, all’interno della più vasta categoria del danno biologico, il danno iatrogeno differenziale ha sviluppato una certa rilevanza. Ciò è testimoniato dal crescente numero di denunce e pronunce giurisprudenziali che hanno trattato l’argomento con lo scopo di chiarire gli aspetti più insidiosi. Proviamo quindi a capire in cosa consiste il danno iatrogeno differenziale e in che modo viene calcolato.

Cos’è il danno iatrogeno differenziale?

Il danno iatrogeno differenziale costituisce il maggior danno che può derivare da un trattamento medico o una diagnosi sbagliata. Si verifica, dunque, quando un medico agisce in modo negligente, al punto tale da causare un danno maggiore rispetto allo stato di salute iniziale.

In casi del genere l’operatore sanitario può essere chiamato a risponderne penalmente. Nelle aule di giustizia le questioni più importanti riguardano quindi la responsabilità del medico e la conseguente quantificazione del danno, al fine di ottenere un adeguato risarcimento.

Si tratta di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente provocato dall’imperizia del personale medico e deve essere ritenuto come un aggravamento di una lesione già esistente rispetto alla quale si presenta un incremento differenziale del pregiudizio.

Per valutare la responsabilità la giurisprudenza tendenzialmente distingue tra due casi specifici:

  • La lesione originaria provocata da caso fortuito o forza maggiore;
  • La lesione originaria provocata da un terzo.

Nella prima fattispecie, il medico è chiamato a rispondere dell’intero danno al netto dei postumi che si sarebbero palesati anche senza il suo intervento. Invece nel secondo caso, tutti i responsabili coinvolti nello stesso reato sono tenuti al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale verso la vittima (Cassazione n. 6023/2001).

Riassumendo, per accertare la presenza di questo particolare danno bisognerà essere in presenza delle seguenti circostante specifiche:

  • L’insorgere di una lesione per colpa di un terzo;
  • L’intervento di un medico per porvi rimedio;
  • Un comprovato errore del personale medico nel gestire il paziente;
  • L’aggravamento della lesione preesistente.

Nella pratica legale il problema più dibattuto e controverso è la quantificazione del danno subito e gli effetti che si verificano confrontando la patologia primaria rispetto all’illecito successivo del medico. Si è quindi portati a chiedersi se il personale medico dovrà risarcire totalmente il danno subito oppure soltanto le conseguenze collegate al peggioramento della malattia.

Danno iatrogeno differenziale e danno biologico

Il danno iatrogeno differenziale è essenzialmente una tipologia di danno biologico, dal quale però si distingue nettamente. Entrambi possono condurre ad esiti negativi per la salute del paziente ed è bene specificare in cosa si differenziano.

Nel caso del danno iatrogeno, si tratta di una lesione diretta conseguenza di un trattamento medico che può essere accidentale o intenzionale. Tale danno è provocato da errori medici, come un intervento chirurgico sbagliato o la somministrazione sbagliata di un farmaco. Il danno iatrogeno è un danno disfunzionale che si inserisce in una situazione già compromessa da una patologia pregressa.

Invece il danno biologico è un effetto collaterale che si presenta durante la terapia medica. Può essere causato dall’uso di farmaci, l’avanzare di una malattia con curata nel modo migliore o l’esposizione a radiazioni nocive. In tali casi il danno è ascrivibile alla natura della malattia e non per forza è correlato a qualche errore medico.

In parole povere, la discriminante è che il danno iatrogeno deriva evidentemente da una negligenza del medico, mentre il danno biologico deriva da effetti collaterali delle terapie mediche o dal decorso della patologia stessa.

Come si calcola il danno iatrogeno differenziale

Uno dei temi più dibattuti e problematici è l’individuazione del metodo più corretto e coerente per liquidare il risarcimento da danno iatrogeno differenziale. Su tale punto si sono confrontate tre teorie differenti per quantificare la somma da risarcire.

In tal senso è importante premettere che il danno iatrogeno si definisce come ipotesi di danno differenziale che si concretizza quando il paziente danneggiato chieda al giudice non il danno nella sua totalità, ma solamente questa voce di danno.

La prassi attuale prevede che il danno sia valutato secondo percentuali di invalidità permanente. Dunque, inizialmente si calcola l’invalidità totale così come è stata causata dal concatenarsi di eventi. Poi in un secondo momento si conteggia per sottrazione la percentuale di invalidità specifica del solo danno iatrogeno ed è in questa fase che si sono riscontrate le principali criticità.

Una prima opinione preferisce calcolare il danno iatrogeno tramite valutazione autonoma, tramutando la sottrazione di cui si è parlato in un rilievo secondario. Chi sostiene tale interpretazione vuole che il danno sia quantificato autonomamente, seppur tenendo come riferimento la percentuale di invalidità complessiva.

Un secondo approccio è però incline a calcolare il risarcimento da danno iatrogeno mediante la differenza tra il livello di invalidità permanente complessiva e quello assegnato alla condotta illecita del medico che ha prodotto la lesione.

Infine, una terza interpretazione ricostruttiva vuole procedere al calcolo differenziale del danno iatrogeno non confrontando le percentuali di invalidità, ma piuttosto i valori monetari che corrispondono a tali gradi percentuali.

Nella sentenza n. 18442 del 2023 la Cassazione si è espressa in favore dell’ultima metodologia di calcolo. Infatti, la Corte ha ben chiarito che la quantificazione del risarcimento basata esclusivamente sulla differenza tra le percentuali di invalidità senza conversione in somme di denaro è da ritenersi viziata, causando una sottostima del danno in violazione dell’articolo 1223 c.c.