Intelligenza Artificiale: la nuova frontiera della tecnologia tra nuove opportunità e dubbi etici

L’Intelligenza Artificiale, anche nota come AI (Artificial Intelligence), è ormai parte integrante della nostra vita e trova largo uso nelle principali aziende italiane e internazionali. Possiamo fare tantissimi esempi di utilizzo dell’AI, come i prototipi di vetture senza guidatore oppure gli assistenti vocali quali Cortana, Alexa o Siri, ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo.

Gli stessi algoritmi intelligenti capaci di autoapprendere su cui si fonda questa tecnologia molto spesso ci suggeriscono quali film o serie tv vedere, quali prodotti comprare, rispondono alle domande degli umani in chat, dividono i documenti secondo l’argomento e così via. Nella gran parte dei casi l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale ha avuto un risvolto positivo sui processi aziendali, rendendo automatiche attività ripetitive in precedenza svolte dall’uomo.

Nonostante gli evidenti benefici del progresso tecnologico, l’AI ha anche posto dei problemi di natura etica in quanto c’è chi si avvale di tali strumenti avanzati per commettere crimini ai danni di terzi. Ecco, quindi, che l’Unione Europea e i principali Stati membri stanno cercando di definire una regolamentazione ufficiale per tutelare la privacy e porre dei paletti giuridici all’impiego dell’Intelligenza Artificiale.

Storia e definizione dell’Intelligenza Artificiale

Il primo vero progetto inerente all’Intelligenza Artificiale è riconducibile a Warren McCulloch e Walter Pitt che nel 1943 sviluppano la prima rete neurale, ovvero degli algoritmi matematici che tentano di replicare il funzionamento dei neuroni del cervello umano per risolvere problemi. La vera svolta si avrà solo alla fine degli Anni Cinquanta, quando Alan Turing comprende che un computer può agire come un essere umano.

L’espressione Artificial Intelligence sarà coniata nel 1956 dal matematico americano McCarthy che sarà l’ideatore dei primi linguaggi di programmazione per l’AI. Dagli Anni Ottanta in avanti continuano gli studi sull’argomento con grandi passi in avanti per quanto riguarda i modelli matematici che diventano sempre più sofisticati e capaci di imitare le funzioni cerebrali umane.

Un nuovo slancio alla ricerca di settore si avrà negli Anni Novanta con l’introduzione sui mercati delle GPU, chip molto più veloci in grado di sostenere carici di lavoro più pesanti in minore tempo. Ma allora che cos’è l’Intelligenza Artificiale?

Secondo la definizione che ci fornisce il Politecnico di Milano, l’Intelligenza Artificiale è una branca della computer science che analizza lo sviluppo di sistemi software e hardware forniti di abilità tipiche degli esseri umani e capaci di svolgere autonomamente compiti definiti prendendo decisioni che in passato erano affidate all’uomo.

Le capacità generalmente riconducibili all’essere umano sono soprattutto l’NLP, cioè la comprensione ed elaborazione del linguaggio naturale (Natural Language Processing), il ragionamento, l’apprendimento e l’interazione con ambiente, persone e macchine.

Diversamente dai classici software, i sistemi AI non si basano sulla programmazione eseguita dagli sviluppatori che creano codici di funzionamento, ma su tecniche di apprendimento. Significa che vengono costruiti degli algoritmi che processano un’ingente quantità di dati da cui è lo stesso sistema a dover sviluppare le proprie abilità di comprensione e ragionamento. In realtà, in ambito accademico non esiste una definizione univoca di Intelligenza Artificiale, ma la comunità scientifica è d’accordo nel suddividere l’AI in due aree principali.

L’AI debole include i sistemi informatici in grado di riprodurre alcune capacità cognitive umane, senza tuttavia avvicinarsi del tutto alle abilità intellettuali tipicamente umane. Si tratta soprattutto di softwarte di problem solving che riescono a replicare semplici ragionamenti logici umani.

Invece l’AI forte comprende tutti quei software capaci di diventare sapienti o quasi coscienti di sé. In tal senso esistono teorie molto azzardate secondo le quali un giorno le macchine AI avranno un’intelligenza autonoma e forse superiore a quella dell’uomo. I software attualmente disponibili rientrano nel campo dell’AI debole, ma nel tempo le aziende puntano a raggiungere l’AI forte.

Tipologie di AI e modelli di apprendimento

Per quanto riguarda i tipi più diffusi di Intelligenza Artificiale, si possono incontrare 5 categorie generali:

  • AI predittiva: è il ramo impegnato nell’analisi dei dati presenti e delle tendenze passate. Si avvale dell’ausilio degli algoritmi di Machine Learning per anticipare ciò che potrà accadere in futuro;
  • AI conversazionale: questa tipologia di AI sfrutta chatbot e assistenti virtuali che simulano conversazioni del comune linguaggio parlato usando grandi quantità di dati per rispondere ad input di testo o vocali, elaborare richieste e generare risposte in tempo reale;
  • AI autonoma: questa è la categoria di AI più affascinante, ma ance potenzialmente pericolosa poiché è quella nella quale gli algoritmi funzionano senza intervento o input umano e senza supervisione;
  • AI generativa: partendo da richieste semplici, è possibile produrre immagini, video, testi o codici sorgente per sviluppare contenuti con grande facilità.

A caratterizzare però l’Intelligenza Artificiale da un punto di vista metodologico e tecnologico è essenzialmente il meccanismo di apprendimento, ovvero il metodo con cui l’intelligenza diventa capace di eseguire un compito. Tali modelli di apprendimento differenziano i due più importanti sottoinsiemi AI, il Machine Learning e il Deep Learning.

Il Machine Learning raccoglie i sistemi utilizzati per allenare il software in maniera tale che, correggendo gli errori, possa poi imparare ad eseguire in autonomia un’attività o compito. Attraverso l’impiego di metodi statistici, gli algoritmi sono addestrati alla creazione di previsioni o classifiche e definire insight utili al processo decisionale delle imprese.

Di più recente sviluppo sono invece i modelli di apprendimento del Deep Learning che traggono ispirazione dalla struttura del cervello umano, quindi dalla mente umana. In questi casi però il modello matematico non è sufficiente in quanto il Deep Learning ha bisogno di reti neurali artificiali e di una potenza computazione elevata per gestire diversi livelli di analisi e calcolo. Oggi il Deep Learning è utilizzato per l’evoluzione tecnologica di tanti prodotti e servizi di uso quotidiano come telecomandi tv vocali, assistenti digitali, sistemi di rilevamento antifrode e molto altro.

AI Act: il regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale

A dispetto degli innumerevoli vantaggi apportati dall’AI, è anche vero che strumenti così sofisticati necessitano di un utilizzo ponderato e coscienzioso. Infatti, sempre più spesso i software dell’Intelligenza Artificiale vengono impiegati per creare i cosiddetti deepfake, video o immagini finti costruiti con il volto o la voce di personaggi famosi per sfruttarne l’immagine pubblica.

L’AI ha dunque posto dei quesiti di carattere etico sul suo utilizzo, evidenziando quanto sia fragile la privacy e il rispetto della protezione dei dati personali. Per tale motivo, diversi Paesi del mondo si sono attivati internamente per regolamentare l’impiego degli strumenti AI. La stessa Unione Europea sta lavorando duramente per definire un quadro normativo sull’argomento.

Infatti, tra qualche mese entrerà ufficialmente in vigore il Regolamento sull’Intelligenza Artificiale (AI Act). Dopo l’approvazione del Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER), il testo ha ricevuto il via libera da altre due commissioni interne, iniziando la parte finale di conversione in legge. L’ultimo passaggio avverrà ad aprile 2024, quando il Parlamento Europeo voterà in sessione plenaria e ci sarà poi l’ultima votazione finale da parte del Consiglio Europeo.

Il documento ha lo scopo di delineare i limiti all’uso dell’AI, proteggendo la privacy dei cittadini europei, seppur lasciando campo a differenti ambiti di applicazione. Un elemento importante è sicuramente la definizione giuridica di Intelligenza Artificiale che ne sottolinea l’autonomia e l’impatto sul mondo virtuale e su quello fisico. Questa definizione tende ad escludere i più tradizionali software fondati su regole fisse e si basa su linee guida specifiche per la sua applicazione.

Elemento centrale dell’AI Act è soprattutto la regolamentazione dell’impiego delle tecniche AI per la biometria e il riconoscimento facciale, prevedendo procedure molto rigorose per l’approvazione giudiziaria di queste tecnologie in campo giuridico. In aggiunta, il testo vieta il social scoring per impedire che pratiche scorrette in altri contesti internazionali si diffondano anche in Europa.

La nuova legislazione europea è un evidente passo in avanti nel regolamentare l’Intelligenza Artificiale, rappresentando un momento storico e pionieristico in Europa e nel mondo. Per adesso si attende ancora l’approvazione definitiva, così che l’AI Act possa diventare legge in tutti gli Stati membri.

La proposta di legge italiana sull’AI

La legislazione sull’Intelligenza Artificiale ha generato preoccupazione e dubbi a livello globale, coinvolgendo nel dibattito governi, scienziati e sviluppatori di ogni parte del mondo. Per esempio, a luglio 2023 l’ONU ha annunciato l’istituzione di un ente apposito che dovrà raccogliere le competenze sull’AI e metterle a disposizione della comunità mondiale.

Nel frattempo, il nostro Paese non resta a guardare ed è già in cantiere una proposta di legge sul tema per far sì che ci sia un marchio evidente e visibile che certifichi se un certo contenuto video, testo o audio sia stato prodotto con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale.

La Legge sulla Trasparenza dei Contenuti Generati da Intelligenza Artificiale è stata scritta e promossa dalla vicepresidente della Camera dei Deputati, Anna Ascani. Da aprile a luglio 2023 la parlamentare italiana ha svolto una serie di audizioni alle quali hanno partecipato i più importanti protagonisti del settore, inclusi i creatori di ChatGPT e gli studiosi di Stanford. Ad oggi il disegno di legge è ancora in una fase embrionale e dovrà adeguarsi al calendario delle attività della Camera. In ogni caso, la speranza dell’onorevole Ascani è quella di approvare il testo entro la metà del 2024.