La Corte di Cassazione, sez. VI civile, con l’ordinanza n. 26249/2019, pubblicata il 16 Ottobre 2019, si è pronunciata sulla risarcibilità del c.d. “colpo di frusta” provocato da un incidente stradale.
I fatti
Un soggetto riportava lesioni personali a seguito di un sinistro stradale e conveniva davanti al Giudice di Pace di Afragola per chiedere la condanna al risarcimento dei danni patiti.
Il giudice con sentenza del 31 ottobre del 2013 n.1493 accoglieva domanda dell’infortunato di risarcimento dei danni patiti ; tuttavia, riteneva che tale danno fosse consistito unicamente in due giorni di invalidità temporanea, pregiudizio che veniva liquidato nella somma di 100 euro.
La sentenza venne appellata dal soccombente
Il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza 6 marzo 2017 n. 654, aveva rigettato il gravame ritenendo: “impossibile liquidare il danno lamentato dall’attore, poiché le lesioni che questi dichiarava di aver sofferto “non erano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo”, ai sensi dell’art. 32, comma 3 quater, del d.l. 21.1.2012 n. 1 (convertito dalla l. 24.3.2012 n. 27)”.
La sentenza veniva impugnata in Cassazione. Col primo motivo il ricorrente lamentava, invocando il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’articolo 32 Cost. e articoli 2043 c.c..
Il ricorrente sosteneva che il Tribunale avrebbe deciso la causa sottopostagli applicando norme costituzionalmente illegittime, e cioe’ il Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 32, commi 3 ter e 3 quater. Tali norme, impedirebbero il risarcimento del danno permanente alla salute causato da sinistri stradali, se di lieve entita’ e non suscettibili di “accertamento clinico strumentale obiettivo.
Il riportato motivo veniva ritenuto inammissibile in quanto, rileva la Corte di Cassazione, contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, la sentenza ha rigettato la domanda perchè ha ritenuto insussistente il danno lamentato e non perché lo stesso non è stato strumentalmente accertato.
Infatti, chiariva la Corte di Cassazione, avendo il Tribunale fatto esplicitamente proprie le conclusioni rassegnate dal C.T..U. – secondo il quale era “impossibile” determinare l’esistenza di danni permanenti – appare ultroneo ed irrilevante il richiamo compiuto nella motivazione della sentenza impugnata all’art. 32, comma 3 quater, del D.l. n. 1/12. Pertanto,affermava il principio in forza del quale: “un danno di cui sia impossibile stabilire non già il suo esatto ammontare, ma la sua stessa esistenza, è per ciò solo un danno irrisarcibile. Rectius, non è nemmeno un danno in senso giuridico”.
Riteneva il Collegio che il medesimo motivo veniva inoltre ritenuto infondato in quanto, secondo la Corte di Cassazione, la disposizione di cui all’art. 32, comma 3 ter, del D.L. n. 1/2012 “si limita a richiamare il rispetto dei propri doveri di zelo solerte da parte di quanti (medici, legali di parte e d’ufficio, avvocati, magistrati) siano chiamati a stimare e liquidare il danno alla salute “ e, di conseguenza, non pone limiti alla risarcibilità del danno alla salute ed alla prova dello stesso.
L’articolo 32 Decreto Legge cit. è semplicemente una norma che ribadisce un principio gia’ insito nel sistema, e cioè che il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dia una dimostrazione ragionevole; e che per contro non e’ nemmeno pensabile che possa pretendersi il risarcimento di danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, supposti, possibili ma non probabili.