L’adozione dei maggiorenni: come funziona e in quali casi è possibile

L’adozione di persone maggiorenni in principio era concepita come rimedio per coloro che non avevano figli e volevano trasmettere il cognome e il patrimonio a terze persone, ma nel tempo ha sviluppato anche una funzione più moderna, anche grazie ad alcuni interventi della Corte Costituzionale. Vediamo allora quali sono i presupposti necessari, la disciplina sostanziale e quella processuale, gli effetti di tale adozione e tutte le principali interpretazioni giurisprudenziali.

Funzione e legittimazione ad adottare maggiorenni

L’adozione di maggiorenni è disciplinata dall’articolo 291 e seguenti del Codice Civile. Si tratta di un istituto giuridico creato per permettere di avere una discendenza a chi non ce l’ha. Dunque, lo scopo primario era dell’adottante che, non avendo figli, intendeva passare patrimonio e nome ad un altro soggetto al quale era legato da affetto.

In principio tale tipo di adozione era consentita soltanto se l’adottante non avesse già discendenti legittimi o legittimati, avesse almeno 35 anni e se avesse almeno 18 anni di più rispetto alla persona da adottare. Queste due limitazioni sono state però cassate dalla Corte Costituzionale con le pronunce n. 557 del 1988 e n. 245 del 2004.

Si ha la facoltà di adottare una o più persone maggiorenni, ma l’adottato non può subire un’adozione da più di una persona, a meno che i due adottanti non siano marito e moglie. Poiché nessuno può essere adottato da più di una persona, non è consentita l’adozione ordinaria di un soggetto già adottato, anche se il precedente adottante è deceduto.

Consensi e assensi per l’adozione

Per l’adozione di persone maggiorenni è necessario che l’adottante e l’adottando diano il consenso e che vi sia l’assenso dei genitori dell’adottando e del coniuge di entrambi, se coniugati e non separati legalmente.

La prassi consolidata permette al soggetto maggiorenne in stato di interdizione giudiziale di dare il consenso all’adozione anche attraverso legale rappresentante. Inoltre, non rappresenta preclusione alla richiesta di adozione il fatto che la moglie dell’adottante non possa esprimere il consenso o meno rispetto alla decisione del coniuge per incapacità.

In aggiunta, seppur la presenza di figli minori dell’adottande sia di norma un impedimento alla richiesta, se l’adozione riguarda un figlio del coniuge che già appartiene al contesto della famiglia, la presenza di altri figli minori non esclude in assoluto la composizione del vincolo adottivo, fermo restando la possibilità del giudice di richiedere un’audizione personale.

Invece la posizione di eventuali figli maggiorenni è equiparata a quella del coniuge dell’adottante o dell’adottando. Ciò significa che il mancato assenso è di impedimento all’adozione.

Effetti dell’adozione di maggiorenni

Dopo l’adozione l’adottato acquisisce il cognome dell’adottante che sarà anteposto al proprio. Se invece l’adozione è svolta da coniugi, l’adottato avrà il cognome del marito, mentre se ad adottare è una donna sposata l’adottato avrà il cognome della famiglia di lei.

La persona adottata mantiene comunque tutti i diritti e doveri che ha verso la famiglia di origine e l’adozione non produce alcun rapporto tra l’adottante e la famiglia dell’adottato. Infine, l’adozione di maggiorenni non conferisce all’adottante nessun diritto di successione, mentre i diritti nella successione dell’adottante sono regolati dal Codice Civile.

Decorrenza degli effetti

L’adozione di maggiorenni produce effetti a partire dalla data della sentenza di pronuncia e fino a tale momento e alla sua definitività, sia l’adottante che l’adottando hanno facoltà di revocare il consenso. Se però l’adottante decede dopo il consenso e prima del decreto della sentenza, è possibile avanzare con gli atti per l’adozione, ma gli eredi del defunto possono opporsi in tribunale. Se poi l’adozione è ammessa, questa produrrà effetti dal momento del decesso dell’adottante.

Motivi di revoca dell’adozione

La revoca dell’adozione di persone maggiorenni può essere emessa solamente per ragioni tassative molto gravi sopravvenute dopo la pronuncia e in questi casi si parla di indegnità dell’adottato e dell’adottante.

Quindi l’adozione può essere revocata se l’adottato ha attentato alla vita dell’adottante o del suo coniuge o dei suoi discendenti, cioè se si è reso colpevole di un delitto punibile con una pena detentiva non al di sotto di tre anni.

Parimenti la revoca può essere richiesta dall’adottato se i motivi sopra citati sono stati messi in atto dall’adottante o dal suo coniuge/discendenti. La pronuncia di revoca dell’adozione è emessa con sentenza del giudice, ha efficacia costitutiva ed i suoi effetti decadono quando la sentenza passa in giudicato.

Per la Corte Costituzione l’adozione di maggiorenni è possibile con meno di 18 anni di differenza

Con la sentenza n. 5 del 2024 la Corte Costituzionale ha affermato l’illegittimità dell’art. 291 comma 1 nella parte che non consente al giudice di abbassare l’intervallo minimo di 18 anni tra adottante e adottando per i casi di ridotto scostamento e se sussistono ragioni di tipo meritevole.

Il problema è stato sollevata dalla Prima Sezione Civile del Tribunale di Firenze per la richiesta di adozione da parte di una donna sposata con un vedovo verso il figlio maggiorenne dell’uomo che, dai suoi 5 anni di età, ha convissuto con loro dopo il matrimonio.

La differenza di età tra i due era di 17 anni e 3 mesi. La Consulta ha quindi evidenziato come l’adozione di maggiorenni abbia ormai perso la sua funzione classica di trasmissione di patrimonio e cognome, diventando nel tempo un istituto duttile alle sollecitazioni della società.

La Corte Costituzionale ha portato come esempio le famiglie ricomposte ed ha evidenziato come sia irrazionale una regola sullo scarto di età che non presuppone alcun margine di flessibilità poiché destinata a cozzare con il diritto costituzionale all’identità personale (articolo 2 della Costituzione).

Quindi l’accertamento dell’equilibrio tra divario di età e diritto all’identità della persona spetta al giudice che, caso per caso, valuterà se sussistano meritevoli motivi che permettano di derogare se la riduzione della differenza di età risulti esigua.