Una delle ultime novità più importanti in tema di smart working è senza dubbio il fatto che alle imprese non è più concessa la geolocalizzazione dei dipendenti che lavorano da casa. A stabilirlo è un recente provvedimento emesso lo scorso maggio dal Garante per la Privacy che si è espresso in tal senso dopo avere condotto un’attenta indagine eseguita in risposta ad un reclamo avanzato da una lavoratrice. L’azienda colpevole è stata quindi punita con una sanzione pecuniaria di 50.000 euro in quanto la società mappava la posizione geografica di circa 100 dipendenti nel corso dell’attività lavorativa svolta in modalità agile, contravvenendo al Regolamento europeo sulla protezione dei dati. Dunque, l’azienda geolocalizzava i propri lavoratori in smart working senza una base giuridica ed intromettendosi nella loro vita privata.
La vicenda portata all’attenzione del Garante della Privacy
La recente sentenza del Garante della Privacy ha riacceso l’attenzione sul delicato tema dell’equilibrio tra necessità aziendali e protezione dei diritti fondamentali per chi opera in situazioni di lavoro agile. L’intervento dell’Autorità si è reso necessario per rispondere ad un reclamo presentato da una lavoratrice con conseguente segnalazione all’Ispettorato della Funzione Pubblica. L’istruttoria aperta ha quindi evidenziato una serie di pratiche aziendali scorrette e non in linea con la normativa vigente.
L’indagine condotta ha dimostrato che l’impresa sottoponeva i dipendenti a controlli specifici per accertarsi che si trovassero realmente all’indirizzo previsto nell’accordo di smart working. Il personale veniva invitato telefonicamente ad attivare la geolocalizzazione del dispositivo, eseguendo una timbratura attraverso un’app e dichiarando via e-mail la posizione fisica in tempo reale.
Una procedura del genere era non soltanto priva di base giuridica e di informativa trasparente, ma ha anche causato una grave ed evidente intromissione nella sfera privata dei lavoratori, violando apertamente il GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati) e lo Statuto dei Lavoratori.
Il Garante ha quindi sancito che, nonostante le imprese abbiano il diritto di accertarsi del rispetto degli obblighi lavorativi in smart working, questo non può accadere con strumenti che limitano la dignità e la libertà della persona in quanto il monitoraggio costante e diretto è contro i principi costituzionali e di tutela dei lavoratori.
In altre parole, il controllo a distanza non può avvenire con l’ausilio di strumenti invasivi della privacy e non può trasformarsi in una forma di sorveglianza. Un episodio del genere è un campanello d’allarme per le società che adottano forme di lavoro in smart working ed è indispensabile per queste aziende adottare procedure rispettose della privacy per assicurare trasparenza e tutela dei diritti individuali dei dipendenti. In tal senso si rende utile un nuovo accordo tra imprese e lavoratori fondato su responsabilità, fiducia e rispetto reciproci per consentire allo smart working di esprimere il proprio potenziale, senza limitare i diritti dei lavoratori.