L’amministratore di sostegno è una particolare figura istituita per proteggere i cittadini che a causa di infermità fisiche o psichiche sono nell’impossibilità permanente o temporanea di provvedere ai propri bisogni. Questo genere di tutela è stato introdotto nell’ordinamento italiano dalla legge n. 6 del 9 gennaio 2004, rappresentando una vera rivoluzione culturale e giuridica nella protezione delle persone fragili, aggiungendo ai rigidi istituti come inabilitazione e interdizione, uno strumento più flessibile e adattabile alle particolari situazioni.
Non a caso l’articolo 1 afferma che “la presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente”.
Dunque, l’amministratore di sostegno diventa un ruolo modulabile capace di dare ai soggetti deboli un aiuto, inteso come assistenza o rappresentanza, e a dare supporto alla residua capacità della persona, valorizzando l’autodeterminazione e centralità del soggetto. La disciplina normativa di tale istituto è descritta negli articoli dal 404 al 413 del Codice Civile.
A chi è rivolta la tutela?
Secondo l’articolo 404 del c.c., la protezione dell’amministratore di sostegno può essere richiesta verso la persona “che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi”.
Tale norma stabilisce quindi due requisiti, uno di carattere soggettivo, ovvero la menomazione, e l’altro di carattere oggettivo, cioè l’impossibilità di assolvere ai propri interessi, i quali devono coesistere ed essere anche collegati da un rapporto di causalità.
C’è poi chi sostiene un’interpretazione estensiva dell’articolo 1 della legge 6/2004, affermando che questa tutela debba essere applicata anche al di là dell’esistenza di una particolare patologia o infermità, in tutti quei casi nei quali il soggetto non abbia autonomia dell’espletare le funzioni quotidiane.
La misura dell’amministratore di sostegno è stata disposta verso una vasta serie di beneficiari, tra cui rientrano:
- Soggetti affetti da infermità mentali e menomazioni psichiche: ritardo mentale, patologie psichiatriche, malattia di Alzheimer, autismo, sindrome di Down, demenze, alcoldipendenza, abuso di sostanze stupefacenti, ludopatia, shopping compulsivo;
- Soggetti affetti da infermità fisiche: malattie degenerative o in fase terminale, ictus, handicap fisici e motori, coma, stato vegetativo, patologie tumorali.
È bene dire oggi che resta molto complesso il problema della demarcazione tra l’applicazione dell’amministrazione di sostegno e l’interdizione, ma in linea di massima si può dire che, seppure con alcune differenze, l’istituto interdittivo oggi trova minore spazio rispetto alla nuova misura di tutela.
Chi ha la facoltà di avviare la procedura di amministrazione di sostegno?
Secondo gli articoli 406 e 417 c.c., la legittimazione attiva a proporre il ricorso è attribuita ai seguenti soggetti:
- Pubblico Ministero;
- Coniuge;
- Beneficiario della misura (seppur interdetto, inabilitato o minore);
- Persona convivente;
- Parenti entro il quarto grado;
- Affini entro il secondo grado;
- Tutore della persona interdetta;
- Curatore della persona inabilitata;
- Persona unita civilmente verso il proprio compagno.
Invece ai sensi dell’articolo 406, comma 3 c.c., hanno un obbligo giuridico “i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno”. Queste persone dovranno avanzare il ricorso al Giudice Tutelare oppure dare notizia delle circostanze note al Pubblico Ministero con segnalazione apposita.
In che modo viene nominato l’amministratore di sostegno?
Ai sensi degli articoli 404 e 407 c.c., la procedura per nominare l’amministratore di sostegno viene avviata tramite ricorso da depositare presso il Tribunale del luogo di residenza o domicilio del soggetto potenzialmente destinatario della misura.
Tale ricorso deve indicare il Giudice Tutelare competente, le generalità del beneficiario e del ricorrente, la residenza o domicilio del beneficiario, il nome e il domicilio dei conviventi o congiunti (art. 407 c.c.) e le motivazioni per le quali si fa richiesta di nomina dell’amministrazione di sostegno, specificando gli atti di tipo personale o patrimoniale che devono essere svolti con urgenza.
È poi utile dare una descrizione delle condizioni di vita del soggetto ed eseguire una prima panoramica della situazione patrimoniale dello stesso, così da definire da subito il progetto di tutela che dovrà essere stabilito dal Giudice Tutelare.
Se non ci sono ragioni di massima urgenza, il Giudice fisserà la data di udienza per l’audizione del beneficiario, convocando il ricorrente e gli altri soggetti coinvolti (congiunti, conviventi…). Il ricorso e il decreto dovranno essere notificati al beneficiario dal ricorrente ed essere comunicati anche altri soggetti indicati all’interno del ricorso.
La fase istruttoria può concludersi con l’audizione della persona beneficiaria, del ricorrente e dei congiunti e con l’acquisizione della documentazione allegata. Ad ogni modo, il Giudice può disporre ulteriori accertamenti, come un’apposita consulenza tecnica. In caso contrario, provvederà semplicemente ad un decreto motivato ed esecutivo.
Scelta e sostituzione dell’amministratore di sostegno
Il Giudice Tutelare individua l’amministrazione di sostegno con il solo riguardo agli interessi e alla cura della persona beneficiaria. Secondo l’art. 408 c.c. esiste un ordine preferenziale al quale il Giudice dovrà attenersi per la scelta. Per prima cosa, deve essere confermata l’eventuale designazione già effettuata dal beneficiario, in previsione della sua ipotetica incapacità, attraverso atto pubblico o scrittura privata e al contempo si dovrà tenere conto dell’eventuale preferenza espressa dal beneficiario durante il procedimento, ammesso che il soggetto abbia capacità di discernimento.
Senza una designazione specifica o in caso di gravi motivi, il Giudice Tutelare può nominare un amministratore di sostegno differente e nel compiere tale scelta deve preferire uno dei seguenti soggetti: coniuge non separato legalmente, persona convivente, padre, madre, figlio, fratello, sorella, parente entro il quarto grado o il soggetto indicato dal genitore superstite con testamento, scrittura privata autenticata o atto pubblico.
In caso di opportunità o in presenza di gravi ragioni, il Giudice può indicare un soggetto terzo di fiducia. Potrà quindi attingere ad elenchi presso gli Uffici giudiziari con nomi di professionisti disposti a svolgere l’incarico. Inoltre, ai sensi dell’art. 413 c.c., laddove ne ricorrano i presupposti, il Giudice Tutelare, su istanza motivata del beneficiario, del Pubblico Ministero, dell’amministratore di sostegno o di uno dei soggetti di cui all’art. 406 c.c., potrà disporre la sostituzione dell’amministratore.
Compiti e poteri dell’amministratore di sostegno
L’articolo 405, comma 5 del c.c. stabilisce che il decreto di conferimento dell’incarico di amministratore di sostegno deve indicare le generalità del soggetto beneficiario e della persona scelta come amministratore, la durata dell’incarico (che può essere a tempo indeterminato), l’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore ha facoltà di svolgere per conto del beneficiario, gli atti che il beneficiario può compiere soltanto con la tutela dell’amministratore e i limiti di spese che l’amministratore può sostenere con le somme di cui il beneficiario ha disponibilità.
L’oggetto dell’incarico va dunque ad individuare i compiti conferiti all’amministratore di sostegno che potranno riguardare due ambiti specifici:
- La cura della persona: ovvero la cura della salute per eventuali decisioni sanitarie e la gestione dei dettagli sociali e relazionali;
- La cura del patrimonio personale: ovvero la gestione patrimoniale del beneficiario, mirata alla conservazione delle risorse finanziarie della persona e a soddisfare le sue necessità primarie.
Il compenso dell’amministratore di sostegno
Il tema del compenso previsto per tale figura è disciplinato dall’articolo 379 c.c., applicabile secondo il richiamo presente nell’art. 411, comma 1 c.c. anche all’amministratore di sostegno. La norma sancisce la gratuità dell’incarico, prevedendo però che il Giudice Tutelare, tenendo conto del patrimonio del beneficiario, possa conferire verso l’amministratore un’equa indennità.
Insieme al deposito del rendiconto annuale, l’amministratore può avanzare istanza al Giudice per fare richiesta di indennità. Inoltre, non ci sono criteri univoci per individuare la stessa, riservata esclusivamente alla discrezionalità del Giudice stesso. Il decreto di liquidità può comunque essere impugnato in Tribunale in composizione collegiale, nei casi in cui sembri esorbitante la cifra in relazione ai parametri presenti nell’art. 379 c.c.