Dipendenti pubblici: lo straordinario deve essere retribuito anche senza consenso del datore

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da un infermiere calabrese ed ha sancito che il lavoratore ha diritto al pagamento delle prestazioni lavorative straordinarie svolte, anche in assenza delle apposite autorizzazioni formali.

Infatti, i giudici hanno emesso una sentenza che si basa sul principio per il quale l’autorizzazione allo straordinario è implicita e tale prestazione deve essere retribuita. L’ordinanza emessa definisce quindi un principio basilare in tema di protezione dei diritti dei lavoratori dipendenti, assicurando loro una giusta remunerazione.

Il caso portato all’attenzione della Cassazione

Il caso in questione riguardava un infermiere impiegato presso l’ospedale di Reggio Calabria. La persona aveva eseguito prestazioni extra nell’erogare servizio di dialisi nell’estate del 2013. La Corte di Cassazione ha riconosciuto le ragioni dell’infermiere per la controversia nata in merito al pagamento di queste ore straordinarie.

Infatti, la Cassazione ha ribaltato la sentenza della Corte d’Appello che in principio aveva negato la retribuzione al dipendente. La contesa sorgeva in quanto l’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) che di solito pagava gli infermieri per i servizi di dialisi svolti in estate, non lo aveva invece fatto nel 2013.

Il lavoratore aveva avuto un decreto ingiuntivo contro l’ente sanitario per ricevere quanto dovuto, basando il proprio ricorso sulle disposizioni presenti nel contratto collettivo nazionale. Dunque, la Corte d’Appello aveva cancellato il decreto ingiuntivo, ritenendo che il caso fosse regolamentato dalla legge 402/2001, recepita all’interno del contratto collettivo 2008/2009.

Per i giudici territoriali questa legge necessitava di un’autorizzazione regionale e particolari condizioni affinché il pagamento dello straordinario potesse essere riconosciuto ai dipendenti. Insomma, l’infermiere non aveva diritto a tale pagamento in quanto le condizioni necessarie per legge non erano state soddisfatte.

A questo punto il dipendente avanza ricorso davanti alla Corte di Cassazione, affermando che le prestazioni erano state eseguite per incarico conferito direttamente dall’ente pubblico, ovvero dietro consenso di quest’ultimo.

La sentenza della Cassazione

I giudici della Cassazione hanno quindi accettato le richieste dell’infermiere, evidenziando che il ricorso era stato presentato celermente e correttamente notificato alla PEC dell’avvocato rappresentante l’Azienda Sanitaria Provinciale.

In aggiunta, la Corte ha stabilito che, in base ad un proprio orientamento ben consolidato, le retribuzioni per prestazioni straordinarie nell’impiego pubblico sono riconosciute soltanto se aderenti alle previsioni di spesa e l’accordo non compatibile con queste previsioni non è valido, rendendo reiterabili i pagamenti eseguiti in virtù di tale accordo.

In ogni caso, i giudici ci tengono a precisare che, una volta autorizzata ed eseguita l’attività straordinaria, non si può poi far pesare sul lavoratore le conseguenze di queste divergenze, secondo quanto previsto dagli articoli 36 della Costituzione e 2126 del Codice Civile.

Al massimo la responsabilità andrebbe attribuita alla Pubblica Amministrazione che avrebbe dovuto evitare le operazioni straordinarie non sussistendo i relativi presupposti. Infatti, non è concepibile che questa eventualità possa andare a detrimento della posizione economica e giuridica del lavoratore pubblico.

Con la sentenza n. 17912/2024 la Corte di Cassazione afferma questo principio di diritto: “In tema di pubblico impiego privatizzato, il disposto dell’art. 2126 c.c. non si pone in contrasto con le previsioni della contrattazione collettiva che prevedano autorizzazioni o con le regole normative sui vincoli di spesa, ma è integrativo di esse nel senso che, quando una prestazione, come quella di lavoro straordinario, sia stata svolta in modo coerente con la volontà del datore di lavoro o comunque di chi abbia il potere di conformare la stessa, essa va remunerata a prescindere dalla validità della richiesta o dal rispetto delle regole sulla spesa pubblica, prevalendo la necessità di attribuire il corrispettivo al dipendente, in linea con il disposto dell’art. 36 Cost.”.

In conclusione, la Cassazione ha sancito che le ore extra compongono lavoro straordinario e di conseguenza devono essere remunerate indipendentemente se le autorizzazioni siano regolari o meno, a patto che si sia il consenso, seppur implicito del datore di lavoro.