Dopo una separazione personale tra due persone, che sia giudiziale o consensuale, il vincolo del matrimonio rimane sospeso in forma transitoria fino alla sentenza di divorzio. Fino ad allora, permane il dovere di assistenza materiale al coniuge ed è tale elemento a condurre alla definizione dell’assegno di mantenimento.
La condizione indispensabile affinché uno dei due coniugi abbia la possibilità di ricevere tale assegno è che non sia titolare di propri redditi. In questi casi è probabile che uno dei coniugi sia costretto a versare all’altra parte un importo periodico o una tantum dedicato al suo sostentamento.
In passato i giudici erano propensi a riconoscere alle ex mogli l’assegno di mantenimento per il semplice fatto che spesso le donne erano titolari di reddito inferiore a quello dell’ex marito, senza considerare le ragioni della disparità o la presenza di risorse personali che avrebbero comunque permesso loro di mantenersi autonomamente.
Oggi invece l’assegno di mantenimento viene inteso come una sorta di merito, anche grazie alle sentenze della Corte di cassazione del 2017 e 2018 che hanno rivisitato i principi della materia.
Cos’è l’assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento è una tipologia di aiuto economico al sostentamento erogato verso il coniuge che non ha reddito insufficiente per soddisfare le proprie necessità. Il coniuge che ha maggiore disponibilità economica è chiamato a sostenere l’altra persona in difficoltà. L’assegno è regolamentato dalla legge italiana e nella gran parte dei casi uno dei coniugi dovrà corrispondere mensilmente una determinata somma di denaro all’altro.
Ciò può accadere con o senza che vi siamo figli e può essere erogato sia in fase di separazione oppure successivamente, ovvero dopo la sentenza di divorzio. Un giudice può decidere che uno dei due coniugi ha diritto ad un assegno economico per un certo periodo, ma non è sempre necessario ricorrere al giudice, se le due parti trovano un accordo. Tali somme di denaro potranno essere pagate ogni mese per un preciso lasso di tempo.
Quando si ha diritto all’assegno di mantenimento?
Secondo l’ordinamento italiano è indispensabile che si verifichino precise condizioni affinché uno dei coniugi abbia diritto all’assegno di mantenimento:
- Il coniuge beneficiario deve avere fatto specifica richiesta di ottenimento del beneficio al giudice;
- Al coniuge beneficiario non è stata addebitata la separazione;
- Il coniuge può usufruire dell’assegno di mantenimento solamente se non dispone di adeguati redditi propri o non può ottenerli per ragioni oggettive;
- Il coniuge al quale è stata addebitata la separazione deve disporre di mezzi economici idonei a poter sostenere il pagamento dell’assegno.
È bene dire che l’assegno è periodico e può essere corrisposto in forme differenti, cioè in somma unica oppure suddivisa in diverse voci di spesa. Per quanto riguarda la durata di erogazione, il contributo economico può essere pagato all’altro coniuge per tutta la vita, ma potrebbe essere sospeso dopo pochi mesi.
La revisione dell’assegno di mantenimento
Una volta ottenuto, l’assegno di mantenimento non è irrevocabile o immodificabile. Questo perché, a specifiche condizioni, può essere modificato nel suo importo o può anche essere revocato del tutto. La revoca del contributo può accadere su accordo dei coniugi oppure per esito di una procedura giudiziale, in caso di giustificati motivi.
Con l’espressione giustificati motivi si vuole intendere la presenza di nuovi e sopravvenuti fatti rispetto alla sentenza che ha sancito il diritto all’assegno di mantenimento. Generalmente si tratta di miglioramenti o peggioramenti delle condizioni economiche o della convivenza del coniuge beneficiario o di quello obbligato. Ad ogni modo, la revisione non è automatica e deve essere valutata di caso in caso.
Le modifiche migliorative che possono influire sull’assegno di mantenimento possono essere aumenti di stipendi per il coniuge obbligato e l’ottenimento di un posto di lavoro a tempo indeterminato per il coniuge beneficiario. Tra le modifiche peggiorative invece ci può essere la perdita del lavoro a tempo indeterminato per il coniuge obbligato e la perdita del posto di lavoro per il coniuge beneficiario.
Per quanto riguarda l’inizio di una convivenza, il coniuge obbligato che ha formato un nuovo nucleo familiare ed ha un figlio in arrivo può chiedere una riduzione dell’assegno. Invece con la creazione di un altro nucleo familiare il coniuge beneficiario potrebbe perdere il diritto al mantenimento, indipendentemente dalla situazione economica che deriva dalla nuova condizione familiare.
Come viene quantificato l’assegno di mantenimento
Il giudice decide se il coniuge richiedente abbia o meno il diritto all’erogazione dell’assegno di mantenimento eseguendo un confronto tra le situazioni economiche delle due persone, dal quale si evince uno squilibrio patrimoniale. Inoltre, è necessario prendere in esame altri elementi:
- La durata del matrimonio: la durata del vincolo matrimoniale non influisce sull’obbligo dell’assegno, ma piuttosto sull’ammontare. Quindi, anche se il matrimonio è durato poco, il coniuge economicamente debole ha diritto al mantenimento;
- Possibilità lavorative del coniuge beneficiario: il giudice deve capire se il coniuge richiedente abbia o no le possibilità di trovare un lavoro secondo la propria qualifica professionale. Il semplice fatto di non avere un impiego non gli assicura automaticamente l’assegno. Infatti, nel caso fosse accertata la possibilità concreta di trovare un lavoro, la richiesta verrebbe rifiutata;
- Redditi e patrimonio: per definire il tenore di vita della coppia e svolgere un controllo sulla loro situazione patrimoniale, il giudice deve essere a conoscere dei rispettivi patrimoni personali, valutando risparmi, conti correnti, polizze assicurative e cespiti che producono reddito, come i canoni di locazione provenienti da immobili;
- Spese: nella valutazione complessiva per erogare l’assegno di mantenimento sono comprese le spese che i coniugi affrontavano durante il matrimonio, tra cui mutuo, canoni di locazione, spese condominiali, assegni di mantenimento per precedente matrimonio, spese per minori e utenze.
Cosa succede nei casi di omesso pagamento dell’assegno di mantenimento
Spesso accade che il coniuge oberato dall’assegno di mantenimento sia inadempiente all’obbligo e l’altro coniuge può agire in due modi diversi. Può presentare una lettera di messa in mora e in caso di esito negativo, può avviare un’azione esecutiva in quanto la sentenza di separazione che certifica il diritto all’assegno costituisce titolo esecutivo. Dunque, si ha la facoltà di notificare un atto di precetto, al quale seguirà il pignoramento dei beni.
In alternativa, si ha la possibilità si richiedere il sequestro dei beni del coniuge obbligato o ci si può rivolgere al giudice affinché questo ordini al terzo, creditore del debito (per esempio il datore di lavoro che deve lo stipendio) di corrispondere la cifra direttamente al coniuge beneficiario.
In aggiunta, il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento può rappresentare una fattispecie di reato in quanto si tratta di “violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio” (art. 570 bis c.p.). Le pene previste in tali casi sono la reclusione fino ad un anno e una multa pecuniaria che va da 103 a 1.032 euro.
Assegno di mantenimento e assegno divorzile
Accade di frequente che assegno di mantenimento e assegno divorzile siano considerati sinonimi, ma in realtà sono due istituti giuridici differenti. L’assegno di mantenimento viene concesso come esito di un procedimento di separazione, nel quale il vincolo matrimoniale è solo attenuato, ma ancora permanente ed è dovuto sin dal momento della richiesta.
Invece l’assegno divorzile (art. 433 c.c.), viene riconosciuto come esito del procedimento di divorzio, quando il vincolo coniugale è sciolto definitivamente. Tale contributo economico è corrisposto a partire dal passaggio in giudicato della sentenza, ma il giudice ha la facoltà di disporre che l’obbligo abbia effetto sin dal momento della domanda. L’assegno divorzile è noto come alimenti o assegno alimentare e ne ha diritto anche il coniuge al quale è stata addebitata la separazione.