A proposito di reversibilità, la Corte Costituzionale nell’aprile del 2022 ha deciso che la pensione dei nonni deve essere riconosciuta anche ai nipoti maggiorenni che sono orfani e inabili al lavoro.
Con questa decisione, si cerca di equiparare il trattamento del nipote maggiorenne inabile e orfano a quello riservato ai nipoti minorenni nelle stesse condizioni di svantaggio. Andiamo a capire cosa afferma nel dettaglio la sentenza e quali articoli sono stati messi in discussione.
La reversibilità dei trattamenti pensionistici
Il meccanismo di reversibilità dei trattamenti pensionistici ha lo scopo di protrarne il godimento da parte di soggetti legati da vincoli familiari anche dopo la morte del titolare del beneficio, assicurando ai parenti la protezione dalle conseguenze che derivano dalla scomparsa del congiunto.
L’obiettivo della reversibilità è dunque quello di garantire la continuità del sostegno economico ed impedire lo stato di difficoltà e bisogno che potrebbe derivare dal decesso del parente beneficiario.
Con l’art. 38 dPR n. 818/1957, il legislatore e la Corte Costituzionale hanno incluso tra i soggetti che possono usufruire del trattamento di reversibilità i nipoti che siano orfani di genitori e inabili al lavoro, per i quali è provato il sostentamento a carico degli ascendenti.
Successivamente la Corte di Cassazione ha messo in dubbio la legittimità costituzionale dell’articolo 38 in quanto non include tra i beneficiari i nipoti maggiorenni orfani e inabili che non dispongono dei mezzi necessari per vivere.
In aggiunta, proprio questo mancato riconoscimento della reversibilità verso i nipoti maggiorenni conviventi violerebbe l’articolo 3 della Costituzione “nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i maggiori orfani e interdetti dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti”.
La violazione dell’articolo 3 sarebbe riscontrata da un doppio punto di vista. Per cominciare, la disciplina sarebbe irragionevole di fronte alla funzione assistenziale e solidaristica della pensione di reversibilità ai superstiti.
Infatti, pur ricorrendo una relazione d’affetto tra nonno e nipote, attestata da varie norme dell’ordinamento, in questo caso sarebbe disconosciuta la spettanza al discendente più prossimo, al cui sostegno abbia provveduto l’ascendente per la morte prematura dei genitori e lo stato di incapacità legale.
In seconda battuta, si produce una disparità di trattamento non giustificata nei confronti di categorie di cittadini che godono della reversibilità, come appunto nipoti minorenni, abili o inabili e nipoti maggiorenni inabili al lavoro.
La sentenza della Corte Costituzionale n.88/2022
Con la sentenza n.88 del 5 aprile 2022 la Corte Costituzionale attesta che la pensione di reversibilità dei nonni deve essere garantita anche ai nipoti maggiorenni che siano orfani e inabili al lavoro.
La Corte aveva già deciso di intervenire in passato sull’argomento, con la sentenza n.180 del 1999, la quale includeva tra i destinatari della reversibilità tutti i nipoti minorenni.
La sentenza n.88 specifica come nel quadro normativo la relazione tra nonno e nipote maggiorenne inabile e orfano sia sottoposta ad un trattamento inferiore rispetto a quella con il nipote minorenne. Quindi, secondo l’articolo 3 che attesta la pari dignità dei cittadini davanti alla legge, la Corte Costituzionale si pronuncia nel seguente modo:
“È illogico, e ingiustamente discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del de cuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilità particolarmente accentuata: tant’è che ad essi è riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilità in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione.”
Al contempo, non è ritenuta sostenibile l’argomentazione in favore dell’esclusione dei maggiorenni inabili secondo la quale ai nipoti minorenni è assicurato un trattamento limitato nella durata poiché riconosciuto fino alla maggiore età, mentre per i maggiorenni la durata sarebbe più lunga e astratta in quanto legata all’aspettativa di vita della persona.
In conclusione, per la Corte tale differenza non basta ad impedire l’attribuzione di un diritto di tipo solidaristico, garante delle esigenze di protezione della persona come può essere quello della pensione di reversibilità.