In Italia sono tante le imprese che assumono tirocinanti e stagisti per svolgere dei periodi di formazione professionale, volti poi all’assunzione. Molto spesso, però, si è assistito ad incidenti e infortuni ai danni di giovani impegnati in tali attività.
Recentemente la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla responsabilità per questi eventi avversi. È stato infatti stabilito che il soggetto ospitante il tirocinante è obbligato ad assolvere tutti gli obblighi di legge in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
Ciò significa, che nell’eventualità di un incidente o infortunio, a rispondere sarà proprio il datore di lavoro. Andiamo quindi ad analizzare il caso posto all’attenzione dei giudici e cosa è stato deciso in merito.
Infortuni nel corso di stage e tirocini: il ricorso portato in Cassazione
Con la sentenza n.7093 del 1° marzo 2022, la Corte di Cassazione sostiene che la responsabilità per la sicurezza di studenti coinvolti in stage e tirocini formativi è a carico del titolare dell’azienda e non dell’ente promotore.
Dunque, il datore di lavoro è tenuto a rispettare gli obblighi previsti dal Testo Unico di Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro (D.lgs. 9 aprile 2008 n.81) anche in quei casi nei quali siano presenti soggetti che svolgono uno stage o tirocinio.
In particolare, l’art. 2 comma 1 lett. a) equipara al lavoratore chiunque esegua un’attività, retribuita o meno, anche se con il solo scopo di imparare un mestiere, inclusi i beneficiari dei tirocini formativi e di orientamento.
Questo è quanto afferma la sentenza della Cassazione in merito al caso di una studentessa di agraria che si era ferita gravemente ad una mano durante la pulizia di un tino, operazione svolta insieme ad un altro dipendente che fungeva da tutor.
Per il tribunale e la Corte d’Appello di Firenze l’imprenditrice proprietaria è colpevole, in primo e secondo grado, per il reato di lesioni colpose (art. 590, comma 3), in violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
Le due sentenze di colpevolezza sono state emesse per tre motivi principali: l’attività lavorativa è stata eseguita senza valutazione preventiva del rischio; non è stata offerta alcuna formazione sull’attività da effettuare; alla ragazza non è stato dato alcun dispositivo di protezione.
D’altra parte, il datore di lavoro riteneva che l’obbligo di garantire la sicurezza del tirocinante sia di competenza del soggetto promotore, a meno che non ci sia apposita convenzione che trasferisca questo onere all’azienda ospitante.
Sempre secondo l’imprenditrice, era l’Università ad essere indicata come datore di lavoro poiché doveva provvedere alla copertura assicurativa della tirocinante.
In aggiunta, l’imprenditrice sostiene di avere fatto eseguire la valutazione dei rischi in azienda da un tecnico abilitato e soprattutto, ha contestato il ‘comportamento abnorme’ della ragazza che avrebbe assunto un atteggiamento di pericolo per la propria sicurezza.
A dispetto delle rimostranze portate avanti dalla tesi difensiva, tutte le eccezioni sono state respinte, fino ad arrivare al verdetto di colpevolezza.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione si è trovata d’accordo con i precedenti giudizi ed ha respinto tutti i motivi di ricorso avanzati.
Nello specifico, ha sottolineato che “correttamente i giudici di appello hanno ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 2, comma 1, lett. a) d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81”, secondo il quale “al lavoratore è equiparato, ai fini dell’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, anche chi svolge attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere nonché il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento”.
Inoltre, il fatto che l’obbligo assicurativo dei tirocinanti sia a carico delle università promotrici non ha alcun collegamento con il tema della sicurezza sul luogo di lavoro.
Viene poi confermato ciò che la sentenza d’appello ha evidenziato, ovvero l’omessa previsione del rischio, l’omessa formazione del tirocinante e la mancanza di dispositivi di protezione.
Infine, la Corte di Cassazione ha considerato del tutto irrilevante l’accenno all’eventuale comportamento abnorme della tirocinante, anche se estraneo alle comuni norme di sicurezza.
Infatti, è pratica consolidata che, qualora l’infortunio sia attribuibile alla violazione di una serie di disposizioni di prevenzione e sicurezza da parte del datore, il comportamento del lavoratore, anche se imprudente, non può escludere la responsabilità del proprietario dell’azienda.
Questo perché la mancanza delle primarie forme di tutela, come informazione ed equipaggiamento, causano un’estensione della sfera di rischio, tanto da ritenere qualsiasi infortunio causato dall’inerzia del datore di lavoro.