Cassazione: fino a 3 anni il figlio di genitori separati non può dormire con il padre

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che un bambino figlio di genitori separati non può dormire con il padre fino ai 3 anni di età. Viene però da chiedersi se questa affermazione corrisponda all’interesse del minore e se si possa effettivamente realizzarlo, in quanto molte donne oggi lavorano anche di notte e che diverse ricerche scientifiche non hanno dimostrato alcuna conseguenza negativa per i bambini in questione.

Gli studi internazionali sulla genitorialità condivisa

L’ordinanza n. 19069 dell’11 luglio 2024 della Cassazione ha sancito che i periodi di bigenitorialità paritetica e l’allargamento dei pernottamenti a casa del padre separato non fossero conciliabili con l’età del bambino, il quale al tempo della presentazione del ricorso aveva 16 mesi.

Il padre poteva visitare e prelevare il figlio durante il fine settimana in forma alternata e per due pomeriggi infrasettimanali, oltre ai collegamenti audio e video giornalieri e dopo i 3 anni di età del bimbo, i pernottamenti presso il padre diventeranno una regola.

Analizzando la letteratura scientifica internazionale sul tema, si è evidenziato come la sentenza della Cassazione si ponga in senso contrario agli esiti di diversi studi. Per esempio, una ricerca francese del 2013 ha dimostrato che il rischio di perdere il contatto con un genitore definitivamente fosse dell’1% se il giudice aveva stabilito un affidamento paritetico in prima udienza, salendo al 21% nei casi di affidamento tradizionale.

Già 9 anni fa il Consiglio d’Europa, alla luce di varie evidenze scientifiche, ha osservato che l’esperienza dell’Australia, dove l’affidamento condiviso è presente dal 2006, sia benefica sopra i 4 anni e che non abbia effetti nocivi tra i 2 i 4 anni.

Il caso su cui si è espressa la Cassazione

La Cassazione ha confermato una sentenza della Corte d’Appello di Ancona, stabilendo che, fino a 3 anni di età, il figlio minore di genitori separati deve dormire a casa della madre. Tutto inizia con una coppia che si era rivolta al Tribunale di Macerata per definire le modalità di affidamento congiunto del bimbo di 16 mesi.

In primo grado il Tribunale aveva deciso che il padre avesse il diritto di visita e che avrebbe contribuito a metà alle spese straordinarie del piccolo. La madre avanza quindi un ricorso alla Corte d’Appello di Ancona, riuscendo ad ottenere due risultati: l’incremento dell’importo del mantenimento per il basso reddito della donna e il pernottamento esclusivo del bambino a casa propria.

La decisione del pernottamento esclusivo del figlio presso la madre è stata giustificata asserendo che il pernottamento dal padre sarebbe stato nocivo per il minore. La Cassazione ha così deciso che, fino ai 3 anni di età, il padre avrà il diritto di trascorrere due pomeriggi a settimana con lui, di cui uno infrasettimanale e l’altro nel weekend. Per quanto riguardava le vacanze estive e di Natale, il padre potrà passare due settimane di seguito con il bambino, senza il pernottamento.

A questo punto il padre presenta ricorso alla Cassazione per affermare il principio di bigenitorialità, sostenendo che la Corte non avesse dato motivo della presunta dannosità del pernottamento del figlio a casa propria. La Cassazione ha però rigettato il ricorso, confermando la sentenza d’Appello.

Per capire le ragioni del rifiuto, è bene dire che il principio di bigenitorialità è stato introdotto ufficialmente con la legge n. 54 del 2006 che riguardava l’affidamento condiviso. Tale principio è stato poi confermato dalla Cassazione che lo ha subordinato al benessere del minore. In riferimento a tale caso, il minore era ancora allattato dalla madre e il pernottamento dal padre non si sposava con questa esigenza.